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SE UN ITALIANO ALL'ESTERO... - Coesistenza di diverse normative: nazionali di Diritto Successorio e di Diritto Civile. Immancabile il Diritto Internazionale Pubblicato il 31/10/2012 in "Varie" Il caso di una coppia di cittadini italiani, residenti in Francia, che si affidano al diritto transalpino per regolare i loro rapporti patrimoniali e matrimoniali. Parere pro veritate.
La fattispecie Una coppia di coniugi, di esclusiva nazionalità italiana, nel periodo della loro vita durante il quale erano residenti in Francia, stipularono un atto di modifica del regime patrimoniale tra coniugi, presso un notaio francese. Tra gli accordi contenuti in detto contratto vi è il cosiddetto "patto di accrescimento", in base al quale, ai sensi degli articoli 1520, 1524 e 1525 del Codice Civile Francese "in caso di scioglimento della comunione a seguito del decesso di uno dei due, e solamente in questo caso, tutti i beni mobili ed immobili che comporranno la suddetta comunione senza eccezione, apparterranno in piena proprietà al superstite, senza che gli eredi o rappresentanti del premoriente possono pretendere di averne diritto.”.
Apertasi la successione di uno dei due coniugi in Italia, dove erano tornati ad essere residenti, si chiede di sapere quale valore possa avere la detta clausola contrattuale, stipulata in base a diritto straniero, per i beni situati in Italia.
Per dare risposta al quesito occorre effettuare un percorso sistematico. E così: 1. dare una qualificazione al predetto patto come atto tra vivi, ovvero – in alternativa - dare allo stesso una valenza di disposizione di atto di ultima volontà; 2. valutare la validità e l’efficacia del patto, nell’uno o nell’altro caso, alla luce delle norme di diritto privato francese, diritto privato nazionale e di diritto internazionale; 3. esaminare, infine, quale caso residuale, se ed in quale misura sia applicabile il diritto delle successioni e quale diritto (nazionale o francese) debba essere applicato al caso concreto.
Quanto alle norme di diritto internazionale, dispone sul punto la legge 31/5/1995 n.218. Gli articoli che sembrano appropriati al caso in esame sono l'art. 30 sui rapporti patrimoniali tra i coniugi; l'art. 46 sulle successioni per causa di morte; l'art. 51 sul possesso e diritti reali.
Iniziando l’esame sulla natura della detta manifestazione di volontà si può osservare come la stessa possa essere, in astratto, qualificata sia come volontà contrattuale tra vivi, sia – in alternativa - come volontà mortis causa.
Qualora dovesse essere considerata una manifestazione di volontà contrattuale (atto tra vivi), la pattuizione in esame conterrebbe una disposizione dei diritti di proprietà attuale, pur se condizionata alla premorienza di uno o dell'altro coniuge. In altri termini, l’effetto traslativo sarebbe voluto con valenza immediata, anche se con efficacia differita, a termine iniziale e a condizione della premorienza di uno o dell’altro coniuge.
Ebbene, in tal caso, secondo il diritto nazionale, saremmo in presenza di un patto lecito in territorio francese (patto di accrescimento) ma di un “patto successorio” per la legge italiana. Il “patto successorio” è un patto tra vivi con cui si dispone della propria successione. Tale patto è, per la legge italiana, radicalmente nullo ai sensi dell'art. 458 c.c.
Orbene, trattandosi di beni posti in Italia e di clausola contrattuale stipulata da cittadini italiani, non vi è dubbio che i rapporti patrimoniali tra gli stessi siano regolati dalla legge nazionale italiana (art. 51 L. 218\1995) e non può, la semplice circostanza che la pattuizione sia stata stipulata all'estero, ridare vigore e validità ad un rapporto giuridico in Italia vietato! Per semplificare, e per paragonare questa situazione ad altra analoga e ben più comprensibile fattispecie, ci si può rifare, ad esempio, alla disciplina degli immobili abusivi. Nessuna efficacia traslativa potrebbe mai avere una vendita di un immobile abusivo, sito in Italia, sol perchè la vendita verrebbe sottoscritta in territorio straniero. Allo stesso modo, essendo nullo il patto successorio per la legge italiana, il medesimo patto, stipulato all'estero, non potrà produrre in Italia alcun effetto giuridico su immobili situati in Italia.
In contrario si potrebbe argomentare che, come si è detto, per il diritto francese il patto di accrescimento è valido e se, secondo l'art. 30 della legge 218/1995, i coniugi residenti all'estero avessero voluto scegliere la legge francese quale legge regolatrice dei loro rapporti, si potrebbe sostenere che (messo da parte il divieto dei patti successori), il patto di accrescimento possa, per questa via, recuperare efficacia. In realtà è un tentativo da scartare; devono, infatti, considerarsi sfere diverse quelle attinenti ai “rapporti patrimoniali tra coniugi” da un lato, e quelli attinenti agli “effetti traslativi sui diritti reali” dall’altro. Per questo secondo aspetto sussiste, senza eccezione alcuna, la norma contenuta nell’art. 51 della legge 218\1995. Essa dispone che la proprietà e gli altri diritti reali sui beni mobili ed immobili sono regolati (in ogni caso, e quindi anche nel caso in cui facciano parte di un accordo matrimoniale) dalla legge dello stato in cui i beni si trovano. Quindi lex rei sitae.
Pertanto, l'istituto della clausola di accrescimento (detto anche “tontinario”) di diritto francese, è sicuramente valido per i beni situati in Francia, ma deve confrontarsi con la legge italiana - (lex rei sitae) - per ciò che concerne i diritti reali su immobili siti in Italia. E per il nostro diritto privato, come si è detto, una clausola di tal fatta confligge con il divieto dei patti successori.
Veniamo alla seconda possibilità: che si possa trattare, cioè, una disposizione di ultima volontà. In realtà ciò è radicalmente da escludere, poichè la struttura del patto, contenuto in un atto tra vivi, è comunque riconducibile ad una volontà che deve avere immediata validità, quale accessorio ad un patto matrimoniale, pur se con efficacia differita. Nelle espressioni usate dai contraenti non vi è nulla che possa far pensare ad una attribuzione (delazione) da valere per dopo la propria morte! Ma vi è di più. In ogni caso, quand'anche si volesse vedere in tale manifestazione di volontà una volontà testamentaria, essa andrebbe comunque incontro ad un vizio di nullità assoluta, sancita dall'art. 589 c.c. che espressamente dispone che "non si può fare testamento da due o più persone nel medesimo atto............con disposizione reciproca.". E non è certo il luogo di sottoscrizione che potrebbe dare validità ad una manifestazione di volontà contraria a principi di ordine pubblico, quale il divieto di testamento reciproco, di cui al citato art. 589 c.c. In definitiva, in applicazione della lex rei sitae, si è visto che la detta clausola non può avere efficacia, in territorio italiano, né quale clausola contrattuale, né quale presunta volontà testamentaria. Non resta che esaminare gli effetti di una eventuale successione ex lege, ossia ab intestato.
Dispone l'art. 46 della legge 218/1995: "La successione... è regolata dalla legge nazionale del soggetto della cui eredità si tratta, al momento della sua morte". Nel nostro caso, trattandosi di cittadini italiani, la legge italiana. Dispone ancora che "il soggetto.....può sottoporre, con dichiarazione espressa in forma testamentaria, l’intera successione alla legge dello Stato in cui risiede. La scelta non ha effetto, se al momento della morte il dichiarante non risiedeva più in tale Stato". Ebbene, esclusa ogni altra valutazione circa l’effettiva esistenza o meno di una eventuale scelta della legge dello Stato regolatrice, l'ultima disposizione dirime ogni dubbio circa la legge applicabile: quand’anche una tale scelta fosse stata fatta, assodata l'ultima residenza del defunto in Italia, la legge applicabile torna, in ogni caso, ad essere quella italiana. E per la legge italiana, in assenza di testamento, chiamati all’eredità sono, in prima battuta, coniuge e figli, in concorso tra loro.
In definitiva il patto di accrescimento stipulato all'estero, tra cittadini italiani, avente ad oggetto beni immobili situati in Italia, che dovrebbe aver valore ed efficacia per dopo la morte di uno dei coniugi, non può avere alcun effetto traslativo reale a favore del solo coniuge, con inappellabile esclusione degli eventuali discendenti e, nel caso di specie, si deve considerare, invece, aperta la successione legittima del de cuius con conseguente concorso del coniuge superstite e dei suoi discendenti.
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