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LA LEGGE A TUTELA DELL'ATTIVITA' FISICO MOTORIA E SPORTIVA

L.R. della Sicilia, n. 29 del  29 dicembre 2014


Pubblicato il 25/06/2015 in "News"


Lo studio, preceduto da una sintesi (Abstract), cerca di individuare i reali ambiti di applicazione della nuova normativa, prima in Italia, finalizzata a tutelare l'integrità fisica del cittadino che, d'ora in poi, avrà il diritto di essere seguito da professionisti qualificati di settore, e non da improvvisati quisqe de populo.


  

Abstract

 

Lo studio che segue fa luce sul corretto ambito operativo delle norme di cui alla L.R. della Regione Siciliana n.29/2014. Dopo aver fatto pensare al necessario intervento di un soggetto qualificato in ogni momento in cui si svolgono attività sportive o fisico motorie in locali pubblici o aperti al pubblico, il legislatore fornisce la chiave interpretativa per consentire di raggiungere una prima conclusione: l'intervento “dell'esperto” è necessario solo in quegli ambiti dove si impartiscono insegnamenti o si esternano sollecitazioni. Lo studio, poi, entra nel merito delle qualifiche necessarie per individuare la figura “dell'esperto” e conclude sostenendo che il laureato in Scienze Motorie ed il diplomato ISEF non sono, come sembrerebbe ad una prima fugace lettura, gli unici soggetti legittimati a sovrintendere, poiché il legislatore ha ben pensato a tutta una serie di professionisti, non elencati perchè difficilmente individuabili a priori, ma identificabili in virtù del titolo di studio equipollente conseguito e specificamente adattabile alla peculiare attività fisica da tutelare. Lo studio prende, perciò, in considerazione, a titolo esplicativo, le scuole di Danza, dimostrando come sia necessario che, in tali ambiti sia del tutto superflua la cura di un dottore in scienze motorie o diplomato Isef, come pure non confacente la direzione affidata a meri ex danzatori professionisti, o peggio, insegnanti improvvisati, privi di qualifiche idonee. In tutti i casi è necessaria la direzione di chi ha conseguito, nel campo specifico, la laurea di insegnante presso l'Accademia Nazionale di danza, o qualsiasi altro soggetto che, da parte di altro ente riconosciuto dallo Stato, abbia conseguito analogo titolo equipollente. Lo studio conclude con il riferimento alle uniche due sentenze della Corte Costituzionale (114/1957 e 240/1974) che si sono occupate del rapporto insegnamento/salute, ricavandone principi che sono nel solco della ricostruzione fatta, avallando autorevolmente l'interpretazione data alla novella della Regione Siciliana.

 

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Scopo di questo lavoro è individuare i corretti ambiti di applicazione della normativa.

 

Già l'intestazione della legge rende l'idea di come il legislatore siciliano abbia voluto disciplinare tutte quelle attività che possano nuocere alla salute fisica dei cittadini.

Non è però pensabile che, sempre ed in ogni momento, venga prevista l'attività di “un angelo custode”; conseguentemente è necessario capire cosa ha inteso il legislatore quando ha rivolto la sua attenzione sia alle attività sportive, sia ad ogni genere di attività fisico-motoria

 

Occorre capire e definire esattamente l'ambito operativo delle due attività sopra riportate.

 

Leggendo l'insieme della legge, appare chiaro lo sforzo del legislatore di agire ad ampio raggio. Ciò è confermato dall'art.1 della legge che, nello specificare le FINALITA', individua come obiettivo non solo la valorizzazione dell'attività fisica ma anche quella di garantire il corretto svolgimento di ogni attività fisico – motoria in genere e sportiva in particolare.

 

La legge, pertanto, (almeno nelle proprie intenzioni generali) sembra accentrare le proprie attenzioni sia alle attività specificamente sportive che a qualsiasi ambito o settore operativo che coinvolga ogni genere di attività fisico-motoria, ma questa attenzione non può essere generalizzata sempre ed in ogni momento (come si è detto prima: “non è però pensabile che, sempre ed in ogni momento, venga prevista l'attività di “un angelo custode”), perchè, se così fosse, si andrebbe incontro ad applicazioni aberranti, sicuramente non volute dal legislatore regionale.

Di ciò si cercherà di dare spiegazione, nel corpo del presente lavoro.

 

Venendo all'esame specifico della legge n.29, e da una rapida lettura dei 12 articoli che la compongono, è possibile distinguere una struttura espositiva suddivisa in 4 settori:

 

a) il primo settore, composto dagli articoli 1 e 2, contiene principalmente le definizioni che, vedremo, sono alle volte contrastanti con quanto contenuto nei successivi articoli e, si deve ritenere che laddove il legislatore si è spinto, in questi primi 2 articoli, ad andare oltre le semplici definizioni abbozzando una disciplina normativa, qualora la disciplina normativa contenuta nei successivi articoli si presenti differente, sarà quest'ultima che deve intendersi prevalente rispetto a quella contenuta negli articoli 1 e 2, non fosse altro che per la finalità stessa che il legislatore ha dato ai suoi articoli (definizioni e norme) e per poichè, altrimenti, saremmo di fronte ad un testo normativo di impossibile attuazione, in quanto contenente al proprio interno norme tra loro contraddittorie;.

 

b) il secondo settore, composto dagli articoli 3 e 4, contengono l'apparato normativo che, specificamente, si occupa di dettare le regole che hanno come scopo la tutela della salute di chi svolge le attività sportive e le attività fisico-motorie in genere;

 

c) il terzo settore, composto dagli articoli 5 e 6, ha ad oggetto regole finalizzate ad altro scopo, (rispetto a quello che qui ci occupa) e cioè lo sviluppo e la promozione delle attività sportive e dei suoi operatori. Questo terzo settore non è di nostro interesse, e le regole contenute nei predetti articoli non contrastano né influiscono sull'impianto della legge che, invece, si rivolge alla salvaguardia della salute dei cittadini che svolgono sport o attività fisico motorie;

 

d) il quarto settore, composto dagli articoli 7, 8, 9, 10 e 11 contempla norme di carattere amministrativo, introducendo obblighi per i privati che intendano aprire o mantenere strutture e normando sanzioni di vario tipo.

 

Venendo all'esame specifico, l'art.1 mette in evidenza, al comma 1, la prima finalità di fondo che muove il tutto, ossia quella occupazionale, rivolta a sostenere la creazione di nuovi posti di lavoro, letteralmente imposti ai privati imprenditori che, con il meritorio scopo di impedire che danni irreversibili al fisico possano essere arrecati ai cittadini, avranno l'obbligo di assumere (e rendere addirittura responsabili e dirigenti) una quantità di laureati in Scienze Motorie e ISEF, chiamati a baluardo della salute dei cittadini.

 

Al comma 2 si mette in evidenza la seconda finalità: quella della tutela della salute dei praticanti.

 

L'art. 2 spiega, ancora, cosa si deve intendere per attività fisico-motorie. La legge non si preoccupa di spiegare cosa si intenda per attività sportiva, evidentemente dando per scontata la percezione immediata del concetto; si preoccupa, invece, di differenziare e specificare cosa sia l'attività fisico-motoria definendola come il “movimento umano sistematico e consapevole del gesto motorio che ne permette la realizzazione.”

 

In questa definizione ampia sembrerebbe, ad un primo approccio, che non possano non rientrare tutte quelle strutture, sia pubbliche che private, dove le attività dei cittadini siano non meramente statiche ma dinamiche: si pensi alle scuole sia pubbliche che private; anche agli asili o alle strutture ludiche per i bambini; i circoli ricreativi dove si svolgono attività fisico-motorie.

In questi luoghi, certamente, (e secondo la previsione dell'art.2 comma 2) ogni soggetto senza limiti di età deve poter svolgere in tutta sicurezza, quel movimento umano sistematico e consapevole, anche compatibilmente con eventuali patologie e bisogni personali di ciascun utente.

 

Ma è pensabile che la legge abbia coinvolto sempre e comunque tutti questi ambiti?

 

E se la mente corre ad immaginare bambini in sale giochi o in asili, dove imparano a correre, a girare a saltare, a relazionarsi fisicamente l'un l'altro, con modalità non proprio sedentarie, lo stesso dicasi per tutte quelle attività svolte durante la terza età, in circoli ricreativi, scuole di ballo a coppie o di gruppo e simili; senza contare le mitiche bocciofile, dove gente di ogni età o anche anziani, assumono posizioni ed eseguono gesti potenzialmente nocivi per braccia, mani schiena e gambe!

 

È pensabile che venga prevista, sempre e comunque, l'attività di “un angelo custode”?

 

Ma anche mettendo da parte bambini ed anziani, quand'anche si pensi alle fasce di età intermedie, giovani ed adulti non ancora anziani, che vogliano svolgere attività fisica di ogni tipo, e così in locali destinati al puro divertimento: sale da bowling, sale biliardo, calciobalilla, stabilimenti balneari forniti di barche o pedalò, piste ciclabili, piste dove fare cosa e simili: ebbene, in tutti questi ambiti, nessuno può negare che si mette in pratica un movimento umano sistematico e consapevole del gesto motorio che ne permette la realizzazione.

 

Tuttavia sorgono spontanee le domande: ma è pensabile che la legge abbia coinvolto sempre e comunque tutti questi ambiti? È pensabile che venga prevista, sempre e comunque, l'attività di “un angelo custode”?

 

La risposta è nella corretta interpretazione dell'art.2.

Tentando un approccio interpretativo letterale, ne deriva che, per svolgere quel movimento umano sistematico e consapevole, al fine di poterlo far fare a tutti ed in tutta sicurezza, senza limiti di età e secondo i bisogni personali di ciascun utente, si ha bisogno dell'assistenza di soggetti in possesso di laurea di scienze motorie o del diploma ISEF.

In linea con la finalità occupazionale evidenziata nel precedente art. 1, bisognerebbe concludere che tali soggetti devono trovare occupazione in:

  • asili

  • ludoteche

  • bocciofile

  • sale da ballo ricreative

  • sale da bowling

  • sale per calciobalilla

  • sale biliardo

  • scuole di ballo agonistico

  • scuole di ballo amatoriale

  • scuole di danza;

  • hotel;

  • stabilimenti balneari, e simili.

 

Ma così interpretando, sembrerebbe intuitivo che, nel tentativo di raggiungere l'obiettivo occupazionale e quello della tutela della salute, il legislatore si sia espresso in modo troppo aperto e generico.

Servirà veramente un istruttore ISEF per insegnare ai bambini a correre nei cortili degli asili? Lo stesso dicasi per insegnare agli anziani come piegarsi per lanciare una palla da bocciare? Oppure per insegnare a chiunque il corretto movimento della schiena durante un piegamento su un tavolo da biliardo? O ancora come piegare polsi ad avambracci in modo da evitare lesioni, strappi o lussazioni, in una sala di calciobalilla?

 

Tutto ciò sembra, francamente, piuttosto ridicolo. E' il comune sentire. Qualche cosa non torna.

 

Ed ecco che, allontanandoci dagli articoli 1 e 2 (che, ricordiamo, contengono solo definizioni) cerchiamo risposte alle perplessità sorte e sopra evidenziate, approcciando il secondo settore.

 

L'art. 3 dovrebbe gettare luce sulle strutture effettivamente coinvolte.

Ed infatti si occupa di palestre, stabilimenti balneari, hotel, villaggi turistici e strutture private non riconosciute dal CONI destinate allo svolgimento di attività fisico motorie.

 

Per non cadere nelle incongruità sopra rilevate, passiamo in rassegna le strutture elencate, cercando di percepirne le peculiarità, e di armonizzare il tutto con le finalità occupazionali e di tutela della legge in oggetto.

Comma 1, Palestre. Sono quelle strutture destinate allo svolgimento di attività fisico-ginniche, dove si insegna ad ottenere particolari risultati (performance) dal proprio fisico.

Comma 2, Stabilimenti balneari, hotel, villaggi turistici. Questi luoghi vengono presi in considerazione solo perchè, in determinati ambiti ed in specificiperiodi festivi, il cittadino può essere portato a svolgere (su invito ed incitamento di “animatori”) attività che normalmente non esegue, mettendo a dura prova i propri limiti fisici in tutte quelle attività fisico-motorie ma etero dirette, organizzate e stimolate.

Non può negarsi, infatti, che a nessuno può essere vietato di correre in spiaggia, o di remare su una barca, ma ciò diventa – agli occhi del legislatore – un rischio se fatto in gruppo o anche singolarmente, sotto forma di gioco o di gara, dove il singolo abbandona ogni responsabilità per affidarsi alle cure di “esperti” che esperti non sono!

Solo in questi ambiti si deve condividere la prescrizione della presenza del laureato in Scienze Motorie o del diplomato ISEF.

 

Non deve sfuggire, poi, la differenza tra il comma 1 ed il comma 2 dell'art. 3, laddove prevede che nelle palestre il soggetto qualificato debba assumere il coordinamento, la gestione o la direzione delle attività, mentre negli stabilimenti balneari, hotel, villaggi turistici lo stesso soggetto deve solo essere presente.

Evidentemente ciò è frutto di una differente valutazione del rischio, fatta dal legislatore, nei diversi ambiti operativi.

 

Comma 3, Strutture private non riconosciute dal CONI destinate allo svolgimento di attività fisico motorie.

Si pone il problema di capire quali siano queste strutture. A cosa pensava il legislatore regionale?

In via residuale, tolte le palestre e gli altri locali di cui ai commi 1 e 2, non resterebbe che quella serie di luoghi dove l'attività motoria è una attività connaturata al luogo stesso che si frequenta ma, per evitare di incorrere nelle assurde conseguenze sopra evidenziate, non può che restringersi il campo ai medesimi luoghi dove, però, si procede con un insegnamento non statico ma dinamico delle attività fisico motorie, e sopra ricordate:

  • asili

  • ludoteche

  • bocciofile

  • sale da ballo ricreative

  • sale da bowling

  • sale per calciobalilla

  • sale biliardo

  • scuole di ballo agonistico

  • scuole di ballo amatoriale

  • scuole di danza.

 

Ma abbiamo, ora, un elemento in più, che consente una prima scrematura.

Il comma 3 parla di insegnamento e coordinamento delle attività fisico motorie e, pertanto, possono essere escluse tutte quelle strutture dove le attività vengono svolte autonomamente e senza un programma didattico.

Se un bimbo salta, salta perchè lo vuol fare; se, invece, una maestra vuole insegnargli a saltare, non potrà farlo se non in possesso dei requisiti.

Stesso discorso per una sala da ballo amatoriale per anziani, raffrontata ad una sala da ballo, parimenti amatoriale, parimenti per aziani, ma dove ci sia una persona che deresponsabilizzi l'anziano, che assuma su di sè una autorità gestionale tale da far sì che il ballo dell'anziano sia etero diretto e che possa dar luogo a direttive o incitamenti potenzialmente pericolosi e dannosi.

 

A questo punto

  • asili, solo se vi si insegna una attività fisico-motoria;

  • ludoteche, solo se vi si insegna una attività fisico-motoria;

  • bocciofile, solo se vi si insegna una attività fisico-motoria;

  • sale da ballo ricreative, solo se vi si insegna una attività fisico-motoria;

  • sale da bowling, solo se vi si insegna una attività fisico-motoria;

  • sale per calciobalilla, solo se vi si insegna una attività fisico-motoria;

  • sale biliardo, solo se vi si insegna una attività fisico-motoria;

  • scuole di ballo agonistico, solo se vi si insegna una attività fisico-motoria;

  • scuole di ballo amatoriale, solo se vi si insegna una attività fisico-motoria;

  • scuole di danza, solo se vi si insegna una attività fisico-motoria.

 

E dunque l'accento si sposta sull'insegnamento.

 

Come nelle palestre e negli stabilimenti balneari, hotel, villaggi turistici, anche nelle strutture private non riconosciute dal CONI destinate allo svolgimento di attività fisico motorie, la presenza dell'esperto è richiesta solo in caso di insegnamento.

E ciò è evidenziato dallo stesso comma 3 dove si stabilisce che l'insegnamento e il coordinamento delle suddette attività è svolto dal personale qualificato richiesto dallo stesso comma.

 

Peraltro, un'altra differenza emerge con i commi precedenti, ed è il ruolo riservato a tali soggetti qualificati:

- nelle palestre: il coordinamento o la gestione o la direzione (elencati in modo tra loro alternativo);

  • negli stabilimenti balneari, hotel, villaggi turistici: la semplice presenza;

  • nelle strutture private non riconosciute dal CONI destinate allo svolgimento di attività fisico motorie: l'insegnamento ed il coordinamento. Viene espressamente esclusa la direzione.

 

A questo punto occorre chiedersi quale sia il soggetto che, contemporaneamente, riesce a raggiungere gli obiettivi legati alla tutela della salute con quelli legati all'insegnamento della particolare disciplina interessata.

 

E' di tutta evidenza, infatti, che nessun laureato in Scienze Motorie o diplomato ISEF potrà mai insegnare un complicato passo di danza acrobatica o di danza classica, le cui conoscenze specifiche sono essenziali per trasmettere un ordine o un principio direttivo nell'esecuzione del gesto.

Ed è per questo motivo che il legislatore, dopo aver indicato al comma 3 dell'art. 2 i soggetti competenti ed averli individuati nel laureato in Scienze Motorie o diplomato ISEF, si è poi corretto ed ha ben disposto, in tutti i commi dell'articolo 3, che oltre ai predetti soggetti, devono ritenersi qualificati anche altri soggetti muniti di titolo di studio equipollente.

 

Il legislatore ha, quindi, nettamente differenziato tra laureato in Scienze Motorie o diplomato ISEF e altra categoria di soggetti, non altrimenti identificati se non in base al possesso di un titolo definito equipollente.

 

Orbene, equipollente e non parificato oppure simile, oppure analogo! Equipollente.

Assodato, peraltro, che non esiste nel nostro ordinamento un titolo di studio parificato ai due sopraddetti, essendo questi di specificità unica, occorre chiedersi quali requisiti deve avere un titolo per potersi definire equipollente.

 

Equipollente vuol dire: “di eguale forza, di eguale efficacia”.

Pertanto, se il titolo di studio dell'insegnante ha la medesima forza ed efficacia di quella che garantiscono i laureati o i diplomati ISEF, nell'ambito delle conoscenze delle dinamiche motorie, rapportate al gesto che si vuol eseguire, e così da raggiungere l'obiettivo di essere in grado di salvaguardare la salute fisica degli utenti, allora costui sarà abilitato, ai sensi dell'art. 3 comma 3, ad insegnare e a coordinare ogni attività di sua specifica competenza.

 

Occorre, in definitiva, rifarsi ai titoli abilitativi all'insegnamento da ciascun insegnante ottenuti: se, all'interno del curriculum scolastico o accademico, sono ricomprese una o più materie che consentono di raggiungere lo scopo della tutela della salute, allora ogni problema sarà risolto.

 

 

Non sarà conforme a legge ignorare tutto quanto sopra e orientarsi pedissequamente verso le figure di diplomati ISEF e di laureati in Scienze Motorie, primo perchè la legge prevede pure la terza figura di cui trattasi e secondo perchè è necessario contemperare tutte le esigenze che interferiscono: esigenze di tutela si, ma anche di rispetto per l'utente che vuole ottenere un giusto ed indirizzato insegnamento!

Non è possibile pensare ad un super esperto di movimento fisico che insegni ballo acrobatico o danza classica, come non è pensabile che un ballerino istintivo, ma privo di qualsiasi conoscenza dei principi motori del corpo altrui, possa liberamente e tranquillamente insegnare.

 

Ed infatti, che competenza può avere il laureato in scienze motorie quando si troverà a confrontarsi con una particolare figura di ballo acrobatico o di danza classica? No, forse è meglio relegarlo a dirigere una semplice scuola di Tango o di liscio! Ma anche questo sembra, francamente, piuttosto ridicolo e soprattutto, in violazione delle palesi aspettative degli allievi.

 

In definitiva, per fare un esempio chiaro ed emblematico, si scorga il piano di studi dell'Accademia Nazionale di Danza. Questo si differenzia in due distinti corsi:

a) quello per danzatore professionista;

b) quello per insegnante.

Due percorsi formativi assolutamente differenti, in funzione degli scopi che la formazione intende raggiungere.

Non vi sarebbe stata alcuna differenza se il maturo legislatore di quella gloriosa istituzione non avesse avuto ben chiara, già allora, l'utilità di avere insegnati formati professionalmente e non dilettanti allo sbaraglio.

In altri termini, le materie studiate, le metodologie di approccio all'allievo (di ogni età) di cui al corso di laurea (oggi così incontestabilmente qualificato) per insegnante sono ben diversi rispetto alla materie per il corso finalizzato a formare ballerini professionisti. Solo il primo potrà insegnare. Non il secondo.

 

Una conferma della correttezza della superiore ricostruzione, viene fuori dalla lettura del successivo art. 4 commi 2 e 3.

 

Qui non compaiono più le strutture private non riconosciute dal CONI destinate allo svolgimento di attività fisico motorie, bensì si regolamentano le palestre, le sale ginniche e le strutture sportive aperte al pubblico.

Sono locali dove lo scopo non è quello di prendere insegnamenti di carattere tecnico (siano essi lanci di bocce o passi di danza), ma quelli di potenziare e migliorare l'efficenza fisica.

 

In tali strutture il legislatore non è rimasto sul generico (titolo equipollente) ma data la specificità del luogo ha potuto avere un approccio più specifico: in quei luoghi sarà essenziale la presenza non di una sola figura qualificata, ma di ben due figure che devono coesistere:

  1. il Direttore Tecnico

  2. l'Istruttore specifico per disciplina.

 

Le caratteristiche di ciascuno sono elencate al comma 2 e al comma 3 dell'art.4, ma quello che è per noi importante sottolineare è la differente disciplina dettata per ogni situazione.

 

Troppo semplicistico (e sbagliato) dire:

per tutto è necessario un laureato in Scienze Motorie o diplomato ISEF!”.

 

No.

 

Per ogni situazione una disciplina particolare.

Ricapitolando:

- nelle palestre, il coordinamento o la gestione o la direzione (elencati in modo tra loro alternativo), di un laureato in Scienze Motorie o diplomato ISEF, ovvero di ovvero di un soggetto in possesso di titolo di studio equipollente;

  • negli stabilimenti balneari, hotel, villaggi turistici, la semplice presenza, di un laureato in Scienze Motorie o diplomato ISEF, ovvero di ovvero di un soggetto in possesso di titolo di studio equipollente; ;

  • nelle strutture private non riconosciute dal CONI destinate allo svolgimento di attività fisico motorie, l'insegnamento ed il coordinamento di un laureato in Scienze Motorie o diplomato ISEF, ovvero di un soggetto in possesso di titolo di studio equipollente;

  • nelle palestre, nelle sale ginniche e nelle strutture sportive che perseguono il fine del miglioramento dell'efficenza fisica, la presenza di un Direttore Tecnico e di un Istruttore specifico per disciplina.

 

 

L'art. 7 e l'art. 11, disciplinano l'apertura ed il mantenimento delle strutture.

Tutte devono adeguarsi, pena le sanzioni pecuniarie di cui all'art. 10 (da 1.000 a 6.000 euro) e di cui all'art. 8 (fino alla chiusura dell'impianto).

 

C'è da sottolineare l'importanza dell'art. 7, laddove elenca i requisiti da dichiarare per l'apertura (a cui si ritiene siano soggette, entro 18 mesi dall'entrata in vigore della legge, pubblicata in GURS del 2 gennaio 2015, anche le strutture già esistenti, per via del rinvio dell'art. 11 al precedente art. 8, che è in stretta correlazione con l'art. 7) e tra questi requisiti vi è certamente (lettera “e”) la dichiarazione sulla presenza di un soggetto qualificato (e per le scuole di Danza, come si è visto, deve essere considerato idoneo perchè equipollente il richiamo al diploma conseguito nel settore specifico dell'insegnamento, oggi laurea), ma è anche presente (lettera “b”) la dichiarazione di sussistenza dei requisiti prevista in materia di edilizia, d'igiene e di pubblica sicurezza.

Per cui si raccomanda di porre attenzione anche a questi temi, in passato spesso trascurati.

 

 

In definitiva questa legge dovrebbe fare giustizia di tutti quegli insegnati improvvisati, dilettanti allo sbaraglio, nel settore dell'insegnamento di attività motorie e della danza, in particolare, la cui struttura non può definirsi palestra, come appare chiaro dal contenuto della legge stessa.

 

Nel solco della definitiva regolamentazione dell'insegnamento della Danza, e del definitivo cessare di quello che gli addetti ai lavori hanno definito un vero Far West, non si può fare a meno di richiamare le due importanti sentenze della Corte Costituzionale in materia e confrontarle con le finalità e le regole introdotte da questa nuova normativa.

 

Con la prima delle due sentenze, la n.114 del 1957, la Corte Costituzionale ha ritenuto di non dichiarare l'illegittimità costituzionale della legge 4 gennaio 1951, n. 28, e, “in particolare, degli artt. 3 e 5, i quali, avendo prescritto il possesso di uno speciale diploma per l'insegnamento della danza classica, dovrebbero considerarsi in contrasto con l'art. 33, commi primo e terzo, della Costituzione, che riconosce la libertà dell'arte, della scienza e del loro insegnamento”.

Ha ritenuto non rilevante l'argomentazione secondo cui: “In conseguenza del riconoscimento della libertà di insegnamento, debbano considerarsi viziate di illegittimità costituzionale le norme per le quali è consentito l'insegnamento di un'arte, come quella della danza, solamente a persone munite di un diploma, poiché ciò significa introdurre un controllo dello Stato su ogni attività di insegnamento di tale arte.”

Ha preso tale decisione perchè : “Non può revocarsi in dubbio che l'insegnamento della danza classica presenti aspetti che spiegano e giustificano perplessità e preoccupazioni e quindi cautele e discipline. Si tratta di insegnamenti di non breve ciclo, che si impartiscono ad elementi nel periodo più delicato della fanciullezza e della prima giovinezza, prevalentemente ad elementi di sesso femminile: addestramenti, atteggiamenti, comportamenti che possono implicare riflessi di ordine morale, che certamente hanno notevoli riflessi di natura fisica e sanitaria.

A tali esigenze rispondono appunto le disposizioni di cui trattasi. La Corte, pertanto, non reputa viziate di illegittimità costituzionale; in riferimento all'art. 33 della Costituzione, le norme contenute nell'art. 3 della legge n. 28 del 1951, le quali - creata e organizzata l'Accademia nazionale e non esclusa la coesistenza di altre scuole del genere (artt. 15 e 16 del decreto legislativo n. 1236 del 1948) - prescrivono che nessuno può assumere il titolo di maestro di danza se non è provvisto del relativo diploma ed esercitare attività professionale di maestro di danza senza essere fornito della specifica preparazione e in possesso dell'indicato requisito.”

 

In pratica con quella decisione si intese salvaguardare una norma del 1951 che già anticipava gli obiettivi perseguiti dalla legge che oggi si commenta e già allora la Corte ritenne che l'insegnamento e la formazione ricevuta presso l'Accademia Nazionale di Danza, in modo specifico per la carriera di insegnante, fosse non un mero “pezzo di carta” a cui dare poco valore, ma che fosse un percorso formativo che raggiungeva gli scopi di salvaguardia della salute e dell'igiene dei giovani allievi affidati alle cure di insegnanti qualificati.

 

Non vi è motivo, oggi, di considerare superate le menzionate conclusioni, le quali confermano l'equipollenza del titolo rilasciato dall'Accademia, ai fini voluti dall'art. 3 della legge n.29, oggetto di queste riflessioni.

 

 

Con la successiva sentenza, la n.240 del 1974, la Corte Costituzionale, anche alla luce dei successivi sviluppi della propria giurisprudenza, dopo rinnovato esame ha ritenuto di dover giungere a diversa conclusione.

 

Dopo aver affermato e riconosciuto che: “il diploma dell'Accademia esplica ormai in pieno, ed in modo praticamente esclusivo, il valore di titolo abilitante all'esercizio professionale dell'insegnamento, potendovisi derogare.......unicamente con il rilascio "in via eccezionale" del diploma per "chiara fama" ad artisti italiani e stranieri, da parte del Ministero della Pubblica Istruzione”,
Ha, tuttavia ammesso che:l'art. 3 della legge del 1951..... si rivela incompatibile con il principio della libertà d'insegnamento, consacrato nel primo comma dell'art. 33 Cost., al quale fa riscontro, nel terzo comma, il connesso principio pluralistico della libertà di scuola.”

Con la conseguenza che: “viene altresì a determinare, indirettamente,
ingiustificate limitazioni alla libertà di arte e scienza e del relativo insegnamento.”.

 

Concludendo che: “sarebbe altrettanto assurdo e contrastante con il principio dell'art. 33, primo comma, precludere l'attività professionale di un musicista, di un coreografo, di un regista o di un attore, sol perché sprovvisto di un diploma legale, quanto impedirgli di formarsi quel che, nell'uso comune si chiama appunto, una sua scuola, insegnando, se ne ha la vocazione, l'arte nella quale è esperto a coloro che liberamente lo desiderino per i motivi più svariati (o perché ne condividono gli indirizzi estetici o perché ne apprezzano particolarmente la capacità o perché ne ritengono i metodi più congeniali al proprio temperamento, e via dicendo).”

 

Nella sostanza, con questa pronuncia la Corte non ha controbilanciato il diritto all'insegnamento con il diritto alla salute ed alla tutela delle attività fisico-motorie, ma ha avuto come prospettiva il contemperamento di interessi tra chi ha un diploma e può insegnare e chi non ha un diploma e potrebbe non poter insegnare, risolvendo il conflitto a favore di questi ultimi, sacrificando i primi sull'altare della libertà di insegnamento. Ma....c'è un ma!

 

La Corte Costituzionale conclude il suo argomentare affermando:La constatata illegittimità dell'art. 3 della legge n. 28 del 1951 per contrasto con il primo comma dell'art. 33 Cost....nulla toglie, naturalmente, quando l'insegnamento privato della danza si estrinsechi
nella forma di istituzioni scolastiche organizzate ed aperte a chiunque voglia ad esse iscriversi, ai poteri di vigilanza e di repressione spettanti allo Stato a tutela del buon costume, della salute e della pubblica fede.”.

 

Ecco che le conclusioni della Corte, in entrambe le sentenze sopra richiamante, l'ultima delle quali pone l'accento sulla legittimità dei poteri di vigilanza e di repressione spettanti allo Stato a tutela della salute, sembrano armonizzarsi con la novella Legge regionale n.29, supportando la correttezza delle seguenti affermazioni:

a) fermo restando la libertà di insegnamento della Danza,

b) questa non può essere affidata per legge, e per soddisfare interessi di collocamento, a soggetti non qualificati (laureati in Scienze Motorie o diplomati ISEF),

c) né si può ammettere che insegnanti, privi di qualsiasi titolo equipollente, sol che ne abbiano la vocazione, possano in modo incontrollato insegnare l'arte nella quale si ritengono esperti,

d) essendo ora necessario, in Sicilia (ai sensi dell'art.3 comma 3), che tali insegnamenti siano impartiti o direttamente da insegnanti muniti di titolo equipollente o da insegnanti non qualificati da tale titolo ma, solo in questo caso, necessariamente affiancati da chi ha le capacità di osservare e correggere lo scorretto “movimento umano sistematico e consapevole del gesto motorio che ne permette la realizzazione”, attraverso l'affiancamento e la supervisione o, per usare gli stessi termini del legislatore, il coordinamento (esclusa la direzione) da parte di un laureato in Scienze Motorie o diplomato ISEF, ovvero di un soggetto in possesso di titolo di studio equipollente (leggasi, nel solo caso qui preso ad esempio, quello delle scuole di Danza, un laureato presso l'Accademia Nazionale di Danza).

 

 


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